IL PROGETTO

Viviamo nella società dell’immagine, ne siamo sovraccarichi.
Giornali, cartelloni, pubblicità, internet. Schermi ovunque. E cinema, effetti speciali più vero del vero, immagini e immagini.  
Eppure le storie sugli ufo resistono all’immagine mostrata; l’immagine mostrata le impoverisce, le banalizza, perchè se è vero che l’effetto speciale è capace di stupirci, è altrettanto vero che il realismo legato agli incontri ravvicinati, non ci emoziona.  
Per contro, la narrazione si muove a proprio agio in questo territorio vergine che è il cielo sopra di noi, perchè la parola evoca, non sostituisce la fantasia, non rimpiazza la proiezione.
Paradossalmente, le storie sugli ufo sono le uniche che oggigiorno appartengano alla più pura oralità, alla tradizione, al fantastico primitivo. Le uniche che mantengano la loro potenza evocativa, solo se raccontate.  Le uniche in grado di restituirci un senso di meraviglia antico che la cultura del nuovo millennio, e il disimpegno dilagante, il consumismo, tentano di spazzare via.

Il progetto “Loro” nasce come monologo di stampo giornalistico. Ma teatro di narrazione a cui si affianca un secondo elemento: il teatro di figura.

L’animazione, per l’appunto, anima ciò che non è, ma che già esiste nell’occhio di chi osserva.
La combinazione di racconto e animazione vuole essere la cifra espressiva del progetto “Loro”.
Ci si muoverà all’interno di una indagine dettagliata, da un “plastico” stilizzato, per spiegare meglio ambientazioni, movimenti, e situazioni. Ma i protagonisti della storia – ovvero persone vere, reali -  saranno progressivamente interpretati da comprimari giocattolo. Le storie di fantascienza sono un’esclusiva del mondo dell’infanzia. L’infanzia è l’unica età che galleggia in una “fanta – esistenza”. L’unica età in cui si accettano mondi spaziali e dimensioni parallele, in cui il ventaglio delle possibilità per interpretare il presente sia ancora aperto e disponibile.  
L’uso dei giocattoli vuole servire a dettare una nuova grammatica per lo spettatore. A rieducarlo, coglierlo di sorpresa. A spezzare ciò che lo lega da una certa cultura cinematografica, o televisiva. A restituirgli gli occhi del bambino.
Inoltre, i giocattoli permettono di introdurre il terzo elemento del progetto, inscindibile a ogni storia di extraterrestri. L’effetto speciale.

L’effetto speciale pare essere un’esclusiva del cinema.
Spesso, nei film, tutto deve essere più vero del vero, si diceva poc’anzi. Perchè il cinema mira al totale coinvolgimento dello spettatore, alla sua condiscendenza – se non sudditanza - nei confronti della storia, all’immedesimazione nelle vicende del  protagonista. Il cinema vuole sospendere coattivamente ogni capacità critica.
Il teatro si muove in altri altri territori. Nessuno crede che l’attore sul palco sia davvero Amleto. Ma volontariamente lo si accetta. Lo spettatore di teatro  sospende la propria capacità critica. Finge che quell’attore sia Amleto.
Ora: l’effetto speciale, nel progetto Loro, è evocazione, suggerimento. Il trucco c’è e si vede. L’interno del disco volante. Gli incontri ravvicinati. Gli alieni, in carne e ossa – meglio: cartapesta – enormi, colossali ed eppure minuscoli, e fasulli quanto basta per accompagnare lo spettatore attraverso  le registrazioni originali delle sedute ipnotiche di Piero Zanfretta. Vedremo quello che lui descrive. Vedremo i “suoi alieni”.  E saranno alieni al contempo veri e falsi. Non solo come citazioni dei film di fantascienza degli anni 50 e 60, ma soprattutto visivamente simili, parenti stretti, dei protagonisti umani della storia, interpretati da giocattoli.
I piani si devono confondere, si diceva. Umano e non umano. Terrestre e extraterrestre. Una storia che non deve pendere solo sull’esistenza o meno degli alieni, ma che vuole creare un terreno comune, vuole puntare  l’indice sulle proiezioni. Sui sogni. Su quanto sia facile disegnare mostri e fiere sulla volta celeste.


Su quanto facile sia andare in cortocircuito, quando quei mostri, quelle fiere, scendono dal cielo per incontrarci. 



Hanno partecipato attivamente al progetto, e ai quali va tutto il mio sentito ringraziamento, Antonio Paolacci, in veste di collaboratore alla drammaturgia, Marco Ferro, Davide Rigodanza, Elena Tedde Piras, Claudia Chianucci, Dalia Chianucci, Sandro Santarelli.
A questi va aggiunto il sostegno di Kilowatt Festival e Scarlattine Teatro Residenza Campsirago, Straligut Teatro.

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